Il Ramo degli Angeli è una delle zone meno conosciute ma più affascinanti del sistema carsico di Frasassi. Si tratta di una diramazione geologicamente giovane, situata sul lato destro della Grotta Grande del Vento, proprio all’ingresso del percorso turistico. Inizia come una condotta stretta, in forte pendenza, a tratti anche verticale, e si snoda per alcune decine di metri in un saliscendi di passaggi angusti e tortuosi.

Le restrizioni sono lunghe e costanti, ma qua e là si aprono piccole camere splendidamente decorate: giovani stalattiti e sottili candele bianchissime si alternano a concrezioni ancora in formazione, dando a questi angoli un’atmosfera sospesa, quasi irreale. Il pavimento è ricoperto da un fango di gesso bianco che, in certi tratti, colma completamente il fondo della condotta, rendendo l’avanzamento ancora più tecnico.


Dopo una ventina di minuti di progressione e qualche inevitabile contorsione, la condotta finalmente si allarga e si appiana, permettendomi per la prima volta di stare in piedi. Lì, alla fine del tratto asciutto, si apre un piccolo specchio d’acqua cristallina, di circa cinque metri per tre. Il fondo è una coltre compatta di fango di gesso, morbido e denso. Nell’angolo terminale sinistro, l’acqua sprofonda in una stretta restrizione, quasi invisibile tra le pieghe della roccia.
Decido di provare a esplorare. Lego lo spool e mi infilo nella fessura: un diametro di circa 30 centimetri, inclinata a 45 gradi, con il lato inferiore colmo di fango. Riesco a infilarmi e superare il primo tratto, ma la visibilità diventa immediatamente nulla. In queste condizioni, ogni movimento alza nuvole lattiginose che inghiottono ogni riferimento. Dopo un paio di tentativi “a testoni” in apnea e in risalita forzata, capisco che per oggi è il caso di fermarsi: le condizioni non permettono di vedere cosa ci sia oltre.
Nonostante la difficoltà, il Ramo degli Angeli resta un angolo suggestivo e misterioso, che merita sicuramente ulteriori esplorazioni. L’accesso non è semplice, ma l’ambiente, così puro e ancora incontaminato, racconta una storia giovane di questa grotta millenaria, fatta di fango bianco, acqua immobile e passaggi nascosti.

Un sentito ringraziamento al Gruppo Speleologico CAI Jesi, che come sempre mi supporta con passione e competenza. E un grazie speciale a Roberta, che mi segue ovunque, anche solo con un pezzo del cuore che si infila con me in ogni strettoia.
Ci torneremo. Magari con un piano B, e una visibilità che ci permetta di spingere l’esplorazione ancora un po’ oltre.
Cosa indossiamo
Frutto di esperienza, ricerca e test sul campo, questo è l’abbigliamento e l’attrezzatura che utilizziamo per le nostre attività. In tanti ci hanno chiesto info su questo e noi siamo felici di condividerlo con voi.